EMERGENZA-URGENZA/ Sensi: «unica auto medica a Grosseto falso problema. Più ambulanze infermierizzate»

Il problema vero non è il numero delle “auto mediche”, ma la carenza di medici specializzati in medicina d’urgenza nei pronti soccorsi. Col modello “scoop & run” le ambulanze “infermierizzate” con a bordo infermieri “indiani” alza il livello di efficacia

Il presidente di Anpas Humanitas Grosseto Odv, Christian Sensi, interviene per illustrare il punto di vista dell’associazione rispetto al dibattito sulla riorganizzazione del sistema di emergenza/urgenza, che negli ultimi mesi è in alcuni casi sfociata in polemiche rispetto alla riduzione delle cosiddette “auto mediche”. Quelle cioè dotate di medico a bordo che raggiungono il luogo d’intervento.

 «Sulla riorganizzazione del modello d’intervento degli operatori sanitari in regime di emergenza/urgenza – spiega Sensi – sarebbe opportuno ragionare sulla base delle evidenze scientifiche e delle competenze maturate da chi opera sul campo. Troppo spesso, infatti, viene data sponda a rivendicazioni di natura corporativa o ispirate alla demagogia, specialmente da parte della politica o di chi ha ruoli istituzionali.

In questo quadro, il fatto che il comprensorio dell’emergenza/urgenza di Grosseto veda operativa un’unica “auto medica” (dotata di medico a bordo) non solo non ha avuto un impatto negativo sugli esiti degli interventi sanitari coordinati dal 118, ma ha migliorato gli standard di efficacia di intervento “in situ”. L’azienda Usl Toscana Sudest, infatti, dando seguito a una delibera regionale del 2022, ha potenziato le cosiddette “ambulanze infermierizzate”, ovverosia senza medico a bordo, che sono in grado di raggiungere i luoghi di intervento in tempi brevi, ma che, soprattutto, quando la gravità dei sinistri lo richiede, hanno un equipaggio formato da infermieri “indiani” (in gergo). Cioè a dire personale infermieristico specializzato in tecniche avanzate di rianimazione e pronto soccorso – che ha effettuato una formazione di almeno sei mesi – addestrato a svolgere manovre salvavita come intubazione e ventilazione delle vie aeree, individuazione degli accessi venosi e somministrazione di liquidi. D’altra parte, il sistema dell’emergenza tende a stabilizzare i pazienti traumatizzati per trasferirli il prima possibile in ospedale dove si interviene con le cure; e in ogni caso, se ritenuto necessario, il medico può intervenire tempestivamente. Questo approccio d’intervento sul territorio messo a punto nei paesi anglosassoni viene definito “scoop & run”, e la provincia di Grosseto è stata una delle prime a testarlo nell’ambito del 118.

Infine, un’ultima considerazione. Il tema più preoccupante rispetto al ruolo dei medici nell’ambito dei servizi di emergenza/urgenza – conclude il presidente di Anpas Humanitas Grosseto – non riguarda certo le auto mediche, ma la carenza drammatica di medici a livello nazionale, e in modo particolare di quelli specializzati in medicina d’urgenza in grado di operare nei pronti soccorsi. Lì sta il vero rischio di sistema, che nel medio periodo va affrontato eliminando il numero chiuso nell’accesso alle facoltà di medicina. Un rischio che, guardando agli accessi alle scuole di specializzazione in infermieristica, minaccia di estenderci anche al reperimento di infermieri».

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Il problema vero non è il numero delle “auto mediche”, ma la carenza di medici specializzati in medicina d’urgenza nei pronti soccorsi. Col modello “scoop & run” le ambulanze “infermierizzate” con a bordo infermieri “indiani” alza il livello di efficacia

Il presidente di Anpas Humanitas Grosseto Odv, Christian Sensi, interviene per illustrare il punto di vista dell’associazione rispetto al dibattito sulla riorganizzazione del sistema di emergenza/urgenza, che negli ultimi mesi è in alcuni casi sfociata in polemiche rispetto alla riduzione delle cosiddette “auto mediche”. Quelle cioè dotate di medico a bordo che raggiungono il luogo d’intervento.

 «Sulla riorganizzazione del modello d’intervento degli operatori sanitari in regime di emergenza/urgenza – spiega Sensi – sarebbe opportuno ragionare sulla base delle evidenze scientifiche e delle competenze maturate da chi opera sul campo. Troppo spesso, infatti, viene data sponda a rivendicazioni di natura corporativa o ispirate alla demagogia, specialmente da parte della politica o di chi ha ruoli istituzionali.

In questo quadro, il fatto che il comprensorio dell’emergenza/urgenza di Grosseto veda operativa un’unica “auto medica” (dotata di medico a bordo) non solo non ha avuto un impatto negativo sugli esiti degli interventi sanitari coordinati dal 118, ma ha migliorato gli standard di efficacia di intervento “in situ”. L’azienda Usl Toscana Sudest, infatti, dando seguito a una delibera regionale del 2022, ha potenziato le cosiddette “ambulanze infermierizzate”, ovverosia senza medico a bordo, che sono in grado di raggiungere i luoghi di intervento in tempi brevi, ma che, soprattutto, quando la gravità dei sinistri lo richiede, hanno un equipaggio formato da infermieri “indiani” (in gergo). Cioè a dire personale infermieristico specializzato in tecniche avanzate di rianimazione e pronto soccorso – che ha effettuato una formazione di almeno sei mesi – addestrato a svolgere manovre salvavita come intubazione e ventilazione delle vie aeree, individuazione degli accessi venosi e somministrazione di liquidi. D’altra parte, il sistema dell’emergenza tende a stabilizzare i pazienti traumatizzati per trasferirli il prima possibile in ospedale dove si interviene con le cure; e in ogni caso, se ritenuto necessario, il medico può intervenire tempestivamente. Questo approccio d’intervento sul territorio messo a punto nei paesi anglosassoni viene definito “scoop & run”, e la provincia di Grosseto è stata una delle prime a testarlo nell’ambito del 118.

Infine, un’ultima considerazione. Il tema più preoccupante rispetto al ruolo dei medici nell’ambito dei servizi di emergenza/urgenza – conclude il presidente di Anpas Humanitas Grosseto – non riguarda certo le auto mediche, ma la carenza drammatica di medici a livello nazionale, e in modo particolare di quelli specializzati in medicina d’urgenza in grado di operare nei pronti soccorsi. Lì sta il vero rischio di sistema, che nel medio periodo va affrontato eliminando il numero chiuso nell’accesso alle facoltà di medicina. Un rischio che, guardando agli accessi alle scuole di specializzazione in infermieristica, minaccia di estenderci anche al reperimento di infermieri».

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